10 giugno 2011

Il cavaliere che ha fregato in intero paese.

Era sicuramente la notizia di ieri, quella che l'Economist (vedi articolo originale), rinomato settimanale inglese, abbia dedicato non solo l'ultima copertina, ma un intero dossier, di 14 pagine, al nostro presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Sicuramente una copertina non celebrativa, visto che titolava "L'uomo che ha fregato un intero paese". E ancora meno amichevoli sono le parole che troviamo all'interno del dossier: si affronta lo scandalo del bunga bunga - il Rubygate - gli altri processi in atto, fino ad arrivare alla drammatica situazione economica che il nostro paese sta vivendo.
Guardiamo la notizia da punti di vista differenti: riporterò un articolo da "Il fatto quotidiano",giornale di recente nascita, e di vocazione imparziale. Passerò poi al punto di vista della destra, quello colpito al cuore dall'Economist, riportando un articolo del "Giornale".





IL FATTO QUOTIDIANO 

L’Economist mette Berlusconi in copertina “L’uomo che ha fregato un intero Paese”

Il settimanale britannico dedica 14 pagine a Berlusconi, definendolo un disastro. "Solo Haiti e Zimbawe hanno fatto peggio a livello di crescita economica negli ultimi 10 anni. L'Italia ha bisogno di un cambio di governo"


”L’uomo che ha fregato un intero Paese”. E’ questo il titolo di copertina dell’Economist in edicola domani, sopra una foto a tutta pagina del premier. All’interno uno speciale di 14 pagine dedicato all’Italia di Berlusconi.
Già in passato il settimanale britannico ha criticato il Cavaliere. Nel 2001 sopra la sua immagine la scritta: “Perché Silvio Berlusconi è inadatto a guidare l’Italia”. Nel 2006 un invito: “Basta. E’ il momento per l’Italia di licenziare Berlusconi”. “Mamma mia” nel 2008 dopo la vittoria elettorale. E il giudizio sul premier non è lusinghiero nemmeno questa volta. “Nonostante i suoi successi personali, Berlusconi si è rivelato un disastro come leader nazionale per tre motivi”, si legge nell’editoriale. Il primo è la “saga” del bunga bunga, il secondo sono i suoi “trucchi finanziari”, che lo hanno portato a processo per frode, truffa contabile e corruzione. “Il terzo è di gran lunga il peggiore: il totale disinteresse per la condizione economica del Paese. Forse perché distratto dai suoi problemi legali, in nove anni non è stato in grado come primo ministro di trovare un rimedio o quanto meno di ammettere lo stato di grave debolezza economica dell’Italia. Come risultato, si lascerà alle spalle un Paese in grave difficoltà”.
“Grazie alla politica di rigore fiscale imposta dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti – continua l’editoriale - l’Italia ha evitato finora di diventare la nuova vittima della speculazione dei mercati”. Ma questo non ha risolto il problema della mancanza di crescita economica. Che contribuisce all’alto debito pubblico, “ancora al livello del 120% del Pil, il terzo più grande tra i Paesi ricchi”. Nell’editoriale vengono poi elencati altri problemi: un quarto dei giovani sono senza lavoro, il tasso di impiego femminile è al 46% (il più basso nell’Europa occidentale), una produttività diminuita nell’ultimo decennio del 5%. L’Italia, continua l’editoriale, è “ottantesima secondo l’indice “Doing Business” della Banca Mondiale, dietro a Bielorussia e Mongolia, e quarantottesima nella classifica sulla competitività del World Economic Forum, dietro Indonesia e Barbados”.
Tra i problemi del nostro Paese, scrive John Prideaux in uno degli articoli dello speciale, c’è la bassa crescita economica. “Tra il 2000 e il 2010 la crescita media dell’Italia, misurata in Pil a prezzi costanti è stata pari ad appena lo 0,25% su base annua. Di tutti i Paesi del mondo, solo Haiti e Zimbabwe hanno fatto peggio. Sono molti i fattori che hanno contribuito a creare questo fosco quadro. L’Italia è diventata un Paese a disagio nel nuovo mondo, timoroso della globalizzazione e dell’immigrazione. Ha adottato un insieme di politiche che discriminano fortemente i giovani a favore degli anziani. Se aggiungiamo una forte avversione alla meritocrazia, ecco perché molti giovani talenti decidono di emigrare all’estero”. “L’Italia non è riuscita a innovare le sue istituzione – prosegue – ed è indebolita dai continui conflitti d’interesse in campo giudiziario, politico, dei media e finanziario. Questi sono problemi che riguardano la nazione nel suo insieme, non una provincia o un’altra. E questi problemi non sono stati risolti dalla permanenza di Berlusconi a Palazzo Chigi”.
Quando sparirà dalla scena politica, prosegue Prideaux, “Berlusconi avrà lasciato in eredità al Paese, un ulteriore indebolimento delle istituzioni, che già non erano solide all’inizio, e una maggiore tolleranza per i conflitti di interesse”. E ancora: “Quindici anni di assalti verbali ai tribunali d’Italia hanno portato molti a credere che il sistema giudiziario sia costituito da una cricca di giudici sinistrorsi che cercano di indebolire il governo. Berlusconi e i suoi sostenitori hanno rafforzato questi attacchi sostenendo falsamente che Berlusconi non è mai stato condannato e che non ha mai avuto guai con la giustizia prima di entrare in politica”. Mentre il premier pensava a ‘difendersi’ dai processi “sono state messe da parte le complesse riforme necessarie a far crescere l’Italia”.
Malgrado tutti i suoi problemi, comunque c’è ancora molto da ammirare in Italia, scrive il settimanale, e qui la citazione è per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per Mario Draghi e la Banca d’Italia. “Tuttavia, negli ultimi decenni – conclude Prideaux – il Paese è vissuto di rendita del miracolo economico della fine degli anni ’70. Potrebbe andare avanti in questo modo, impoverendosi e invecchiando sempre più, ma comunque restando a galla abbastanza agevolmente. Per il momento sembra che questa sia la cosa più probabile che possa accadere. Ma il Paese ha un bisogno disperato di un nuovo risveglio, come quello che portò all’unificazione 150 anni fa”.
”L’Italia ha tutte le cose che le servono per ripartire. Quello di cui ha bisogno è un cambio politico e di governo”, ha commentato Prideaux presentando oggi lo speciale dell’Economist. “Non farò l’errore di predire la fine di Berlusconi, ma parlando con le persone si inizia a sentire un’aria nuova, la fine di un’era”.




IL GIORNALE

Ancora insulti dall'Economist: "Berlusconi ha fottuto l'Italia"

L’Economist in edicola domani dedica all'Italia uno speciale di 14 pagine in cui smonta la politica economica del governo. Già in passato, prima delle elezioni del 2001, era andato in stampa con una copertina il cui titolo era Perché Silvio Berlusconi è inadeguato a guidare l’Italia. A distanza di dieci anni si rinnova l'attacco: "Non vediamo alcun motivo per cui dobbiamo cambiare il verdetto". E rinfacciano al Cav gli scandali sessuali e di non aver fatto fronte alla crisi che ha colpito il Belpaese




Milano - Un column infuocato in salsa british infarcito di insulti pesantissimi e volto ad essere una sentenza definitiva di decesso politico. E' questo il contenuto del nuovo attacco mosso dall'Economist al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. The man who screwed an entire country è il titolo. Dove screwed è un termine colloquiale che sostituisce il più volgare fucked. Si può tradurre con "l'uomo che ha fregato l'Italia". O meglio: che l'ha fottuta. Il titolo del numero in edicola domani non lascia infatti spazio ai dubbi: "L'era Berlusconi graverà sull’Italia per gli anni a venire".

Non è la prima che il settimanale inglese scatena il proprio odio contro il Cavaliere. Già in passato, prima delle elezioni del 2001, era andato in stampa con una copertina interamente dedicata a Berlusconi e il cui titolo era Perché Silvio Berlusconi è inadeguato a guidare l’Italia. La cosa non era affatto piaciuta al premier che aveva citato il periodico per diffamazione a mezzo stampa. Questa volta, l'Economist va ben oltre: si prende la briga di venire a Milano per dire agli italiani cosa devono fare in materia di fisco e giustizia. "Nei suoi 74 anni ha creato un impero mediatico che lo ha reso l'uomo più ricco d'Italia - scrive l'Economist - ha dominato la politica dal 1994 ed ora è il primo ministro con una longevità più lunga dai tempi di Mussolini". Poi va all'attacco: il bunga bunga, il Rubygate e gli scandali sessuali. Rigettando la tesi espresse dalla difesa del Cavaliere durante il processo, l'Economist va a riprendere la sentenza emessa nell'aprile del 2001 per confermarla. We have seen no reason to change that verdict, non vediamo alcun motivo per cui dobbiamo cambiare il verdetto. E il verdetto è (sempre e comunque) che Berlusconi non può governare l'Italia. 

Nel numero della rivista in edicola domani, che contiene anche un rapporto speciale di sedici pagine sul nostro paese in occasione dei 150 dall’unificazione, la tesi di fondo è che le politiche del governo Berlusconi hanno gravemente danneggiato il Paese e prodotto un decennio di crescita bassissima caratterizzato anche da una costante perdita di produttività. Pur ammettendo che l'Italia è riuscita ad evitare la bolla immobiliare e a contenere il tasso di disoccupazione (all'8% rispetto al 20% della Spagna), il settimanale inglese prevede che, quest'anno, il deficit del Belpaese sarà del 4 per cento contro il 6 per cento della Francia. "Questi dati rassicuranti traggono in inganno - scrive l'Economist - il malessere economico in Italia non è in uno stadio acuto ma è una malattia cronica che lentamente divora tutta la vitalità". Una malattia che, a detta del periodico, avrebbe fatto scendere nell'ultimo decennio la produttività italiana del 5 per cento, mentre in America è salita di un quinto e in Inghilterra di un decimo. 
"Tra una battaglia giudiziaria e l'altra", ammette l'Economist, Berlusconi è riuscito a portare a termine anche delle riforme liberali. Una su tutte la legge Biagi. "Avrebbe potuto fare di più se avesse usato il suo potere e la sua popolarità per fare altro anziché difendere i suoi interessi personali", conclude l'Economist spiegando che la crisi sta spingendo la Grecia, il Portogallo e la Spagna a fare delle riforme nonostante le proteste della popolazione. In realtà, l'editoriale appare tutt'altro che una lucida analisi del sistema Italia: non va oltre all'attacco sistematico del premier.
Sembra proprio che, ancora una volta, l'Economist abbia screwed i suoi lettori.

Accantonando i lavori portati a termine dall'esecutivo, l'Economist non è infatti in grado di leggere i dati che nelle passate settimane sono stati pubblicati dalla Bce e dall'Fmi. Certo, i problemi non mancano. Il governo avrebbe potuto fare quelle riforme che sono necessarie alla crescita del Paese ma che sono state osteggiate dall'opposzione e dalle parti sociali. Di questo, però, non una parola. Perché, ancora una volta, appare chiaro che l'intento dell'Economist non sia leggere la condizione economica dell'Italia ma demolire, a livello internazionale, la credibilità di Berlusconi. D'altra parte lo stesso premier è conscio che "ormai per quanto riguarda la politica la stampa si è allontanata completamente dalla realtà".



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